Di Felice Cavallaro
A calcio i ragazzi del campetto se lo contendono per averlo in squadra. Con lui si vince. I gol sono assicurati. Anche se corre su una gamba e una stampella. Con la maglia dell’Italia. Perché il caporal maggiore scelto Salvatore La Manna, 35 anni, Salvo per tutti, è uno dei soldati italiani tornati in questi anni con le cicatrici delle guerre addosso. E lui, bersagliere in missione con l’Esercito in Libano, sfuggendo a un attentato, per salvare la vita a un altro militare, ha perso una gamba. Amputata. Un atto di eroismo e un sacrifico insieme.
Olimpiadi americane
Ma, pur mutilato, La Manna è tornato a vivere grazie allo sport. Anche segnando gol acrobatici. Atletica, basket, football, pesi ed altre discipline sono diventate la sua vita da quando è tornato alla Scianna, la caserma di Palermo dove si occupa di amministrazione e si allena ogni giorno. Con risultati straordinari. Tanto da essere stato convocato in America con altri 14 soldati italiani in condizioni simili. Tutti a Orlando, in Florida, per le Olimpiadi dei militari feriti nelle trincee del mondo, le «Invictus Games». Dal 4 al 14 maggio.
Caporale goleador
Prepara le valigie il caporale goleador da tempo inserito nella «Nazionale calcio amputati» e nella squadra di pallacanestro «I Ragazzi di Panormus». Un viso solare, la sua casa di Altavilla a due passi da Palermo aperta a tutti, come la sua vita raccontata con ironia davanti al piccolo Emanuele nato dopo l’incidente, 5 anni, incuriosito dalla «gamba di ferro» che ogni tanto questo papà giocherellone fa ruotare su stessa, buttandola dietro le spalle: «Ma sai quanto costa? Trentamila euro». Sorride beffardo: «Io sono un ragazzo in gamba». E accarezza suo figlio: «Le cose principali della vita non mancano: amore, sport, lavoro…».
Missione e pattugliamento
Le braccia possenti, i muscoli che sembrano dilatare a dismisura la tuta, gli occhi buoni, La Manna racconta di tante missioni in Iraq e Kossovo, della sua prima volta in Libano, del ritorno per il matrimonio con la sua «meravigliosa» Luisa nell’estate del 2008, della ripartenza per Beirut e del drammatico appuntamento con il destino, il 31 luglio del 2009, in pattugliamento fra le colline di Ma‘rakah, una periferia a rischio, le strade dissestate dalla guerra, il timore delle mine.