Sanzione disciplinare massima e perdita del grado per un maresciallo dell’Arma.

Cagliari-Roma, 17 giugno 2017 – Quante volte la P.A. per legittimare un provvedimento amministrativo richiama la locuzione ingorantia legis non excusat ? Troppe!

Nella vicenda giudiziaria – di seguito narrata per sommi capi – finalmente le parti si sono invertite!  

L’infausta vicenda del maresciallo Antonio C. trae origine dalla colluttazione del 31.08.2007 – per fatti non attinenti la propria funzione – in circostanze non del tutto chiarite in sede penale tuttavia passate in giudicato per vizi procedurali insanabili.

Invero, il Comandante Interregionale Carabinieri “Podgora” pro tempore – dopo circa dieci anni dall’evento – ordina l’avvio del procedimento disciplinare al fine di verificare se, per i fatti penali, sussistono responsabilità disciplinari sanzionabili con provvedimenti disciplinari di stato.

In sede disciplinare il maresciallo e il militare difensore, Antonio D. maresciallo della Marina militare, invocano – tra l’altro – l’intempestività dell’azione disciplinare, in virtù delle modificazioni legislative introdotte dal Governo Renzi per il personale delle Forze armate nell’ambito del rapporto fra procedimento disciplinare e procedimento penale.

In particolare, nella sua nuova formulazione l’art. 1393 del Decreto Legislativo n. 66/2010 introduce – come regola generale sin dal 28.08.2015 – il principio secondo il quale il procedimento disciplinare che abbia a oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’Autorità Giudiziaria deve obbligatoriamente essere instaurato anche in pendenza di procedimento penale.

L’Autorità militare gli infligge comunque la massima punizione: “perdita del grado per rimozione e per effetto cessa dal servizio permanente e iscritto d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito senza alcun grado”, trascurando il noto principio del tempus regit actum.

Il militare decide di impugnare il provvedimento dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna affidandosi all’avv. Danilo Lorenzo del foro di Lecce e con l’Ordinanza n. 29/2017datata 8 febbraio 2017 (>>LINK), ottiene l’interlocutoria giustizia in primo grado.

I Giudici Francesco Scano, Giorgio Manca e Tito Aru testualmente riportano nell’Ordinanza: “che sussistono fondati dubbi sulla corretta applicazione della disciplina sui termini per l’avvio del procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 1393, comma 1, del d.lgs. n. 66/2010, nel testo sostituito dall’articolo 15, comma 1, della legge 7 agosto 2015, n. 124, attesa anche la tenuità dei fatti aventi rilievo disciplinare e che non sembra possano rientrare tra i comportamenti del militare posti in essere nell’esercizio delle funzioni” e per questi motivi ordinano la sospensione dell’efficacia del provvedimento.

Il Ministero della difesa non gradisce e ricorre contro l’Ordinanza del TAR al Consiglio di Stato, ma anche i Giudici di questo consesso, Antonino Anastasi, Fabio Taormina, Giuseppe Castiglia, Luca Lamberti e Daniela Di Carlo, confermano quanto pronunciato in primo grado con l’Ordinanza n. 2371/2017 datata 8 giugno 2017 (>>LINK).

Che dire? Il lavorio normativo per il superamento della pregiudiziale penale in sede disciplinare inizia a dare i primi frutti e che la legge sia sempre da osservare ed applicare, anche quando non sia gradita, del resto è pur sempre preferibile una legge dura all’assenza di una legge!

Antonio De Muro

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