Rimane a casa per assistere la Moglie Caporal Maggiore punito con 7 giorni di rigore

Nulla da fare per il Caporal Maggiore dell’ Esercito Italiano rimasto a casa per assistere la moglie. Malgrado un certificato che comprovasse la malattia della consorte e prescrivesse la propria vicinanza al coniuge, al militare sono stati comminati 7 giorni di rigore, ma la decisione dei giudici sembra influenzata dalla condotta del militare.

La sentenza che vi proponiamo oggi potrebbe favorire un percorso incerto per le donne malate che necessitano di assistenza dal proprio marito militare. Malgrado un certificato comprovante lo stato di necessità della donna, il soldato è stato ugualmente punito.

Gli articoli che hanno determinato la sanzione sono disciplinati dal DPR n. 90  del15 marzo 2010″, ovvero l’art. 717 (senso di responsabilità), l’art. 740 (orari e turni di servizio) e l’art. 742 (licenze e permessi) .


Ma veniamo ai fatti. Un Caporal Maggiore Capo in servizio presso il 1° Reggimento Trasmissioni di Milano, ha impugnato il provvedimento con cui gli è stata irrogata la sanzione disciplinare di corpo della consegna di rigore di 7 giorni, nonché il provvedimento con cui l’Amministrazione di appartenenza ha rigettato la sua richiesta di accesso al verbale dell’11 novembre 2014relativo alla  riunione dibattimentale.

Il procedimento disciplinare prendeva avvio con contestazione datata 8 agosto 2014 e notificata in data 10 settembre 2014, con la quale il Comando di appartenenza contestava al ricorrente i seguenti fatti:

“La S. v., in data 18 luglio u.s., non si presentava in caserma al termine di una licenza. Chiamato telefonicamente dal proprio Comandante di plotone, che le ricordava peraltro che alle ore 10,00 dove va presentarsi innanzi al proprio Comandante di Compagnia poiché a rapporto, asseriva che a causa di motivi privati si trovava nell’impossibilita di essere presente in caserma e che aveva 17 anni di servizio e per tanto poteva chiede un giorno di licenza per motivi suoi.

Successivamente contattato telefonicamente anche dal Comandante di Compagnia, Ten. -OMISSIS-, confermava la Sua impossibilita. Al rientro in servizio presentava una certificazione medica che attestava un malore della coniuge con una prescrizione medica di assistenza da parte del marito.


Il suo comportamento, nella considerazione che la certificazione sanitaria non certifica una Sua malattia che Le impedisce di raggiungere il reparto ma solo una necessità di assistenza ad un familiare, non giustifica completamente la sua assenza, pertanto, e in palese violazione con quanto stabilito dagli artt. 717 (senso di responsabilità), 740 (orari e turni di servizio), 742 (licenze e permessi) del DPR n. 90 15 marzo 2010″.

Il Caporal Maggiore chiese ed ottenne il differimento della riunione dibattimentale , ed in seguito  presentò una memoria difensiva. L’ 11 novembre 2014 si tenne la riunione dibattimentale a seguito della quale il Comandante del 1° Reggimento Trasmissioni gli infliggeva la sanzione di corpo di 7 giorni di consegna di rigore.

Lo stesso giorno, il militare presentò istanza per chiedere l’accesso al verbale della riunione dibattimentale, ma gli venne negato con nota del 4 dicembre 2014. Avverso la sanzione disciplinare ed il diniego di accesso il Caporale presentò ricorso, chiedendo l’annullamento della sanzione e l’esibizione di quanto oggetto di istanza di accesso, previa tutela cautelare.

Il Ministero della Difesa si costituì in giudizio , resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto. Con ordinanza n. 200 del 13 febbraio 2015 il Tribunale rigettò la domanda cautelare del militare.

Arriviamo quindi ai giorni nostri, esattamente al 26 febbraio 2019, siamo nel Tar Lombardia per l’esattezza. La causa veniva chiamata e trattenuta per la decisione. Entrambi la parti, Militare e Ministero Difesa depositavano scritti difensivi, insistendo nelle rispettive conclusioni.

La Sentenza del TAR:

Con molta probabilità,  l’esito negativo della sentenza emessa lo scorso 21 marzo 2019 è stato condizionato dall’ assenza dal servizio a vario titolo (licenza ordinaria, recupero compensativo) del militare per circa un mese. I giudici ritengono infatti che la lunga assenza dal luogo di lavoro , metta in evidenza una certa preordinazione nel volersi assentare nonostante lo specifico obbligo di presentarsi a rapporto in una data programmata.


Gli stessi giudici però, ritengono che la presentazione di un certificato medico può giustificare l’assenza dal servizio soltanto quando attesti uno stato di malattia del militare e non quando lo stato di malattia riguardi un’altra persona, pur quando si tratti della coniuge.

Il comportamento tenuto si pone in violazione degli artt. 717, 740 e 742 del DPR n. 90/2010, indicati correttamente nel provvedimento impugnato, in relazione al quale non è ravvisabile alcun difetto di motivazione essendo indicati con precisione sia il fatto addebitato sia le disposizioni violate.

Di seguito la formula che condanna inesorabilmente il militare:

Come emerge da quanto sopra esposto, per effetto dell’accoglimento della richiesta di differimento della riunione dibattimentale, il ricorrente ha potuto avere a disposizione esattamente 60 giorni per presentare scritti difensivi nell’ambito del procedimento disciplinare.

I fatti oggetto di addebito e contestazione sono accaduti in data 18 luglio 2014.

La nota di contestazione, pur datata 8 agosto 2014, è stata notificata in data 10 settembre 2014.

E ciò in quanto il ricorrente dal 9 agosto al 9 settembre era assente dal servizio a vario titolo (licenza ordinaria, recupero compensativo), come risulta dal doc. 3 del fascicolo dell’Avvocatura, non contestato dal ricorrente stesso.

Il lasso di tempo intercorso appare del tutto compatibile con la previsione delle “Norme e procedure disciplinari” – 3^ edizione – anno 2011 (Prot. N. M_D GMIL/ 0076835/III/7 – 3° Rep. 7ª Div. del 21 febbraio 2011) che richiede che la contestazione avvenga senza ritardo. Ciò in relazione a quanto dedotto dal ricorrente nella memoria depositata in data 1° febbraio 2019.

Il provvedimento finale con cui è stata irrogata la sanzione di corpo è stato assunto in data 14 novembre 2014 e notificato il successivo 18 novembre.

Il profilo controverso riguarda il dies a quo del termine di 90 giorni previsto dalle “Norme e procedure disciplinari” per la conclusione del procedimento disciplinare per l’irrogazione della consegna di rigore.

Ad avviso del ricorrente il termine decorrerebbe dalla data di adozione della contestazione formale degli addebiti, mentre secondo la difesa dell’Amministrazione resistente dalla data di notificazione della stessa.

Ad avviso del Collegio la tesi del ricorrente non può essere condivisa.

Va innanzi tutto rilevato che, sotto un profilo generale, gli atti recettizi, quale è certamente l’atto di contestazione formale degli addebiti disciplinari, acquistano efficacia nel momento in cui sono ricevuti dal destinatario.

E’ evidente che tale efficacia si esplica sia in relazione al destinatario sia in relazione all’Autorità procedente.

Se è vero che il termine per presentare osservazioni da parte del destinatario non può che decorrere dalla data di notificazione della contestazione, è altrettanto vero che tale data rileva anche ai fini del termine di conclusione del procedimento disciplinare, pena un disallineamento dei termini complessivi del procedimento stesso, posti a garanzia non solo del dipendente incolpato ma anche del corretto andamento della funzione disciplinare. Continua↓

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Nel caso di specie la contestazione formale degli addebiti è stata notificata in data 10 settembre 2014 e il provvedimento sanzionatorio è stato adottato 14 novembre 2014 e notificato il 18 novembre 2014, dunque entro il termine di 90 giorni, da computarsi secondo quanto sopra esposto.

Il secondo motivo di gravame va quindi rigettato.

Ugualmente infondato si presenta il terzo motivo di ricorso.

In punto di fatto va precisato che per il giorno 18 luglio 2014 il ricorrente era stato chiamato a rapporto dal Comandante di Compagnia per riferire su alcuni fatti precedentemente accaduti.

Si trattava quindi di un obbligo di servizio specifico e programmato.

Il ricorrente, nonostante ciò, ha presentato una richiesta di licenza, non richiesta precedentemente, per il periodo compreso tra lo stesso 18 luglio e il 21 luglio 2014. Proprio perché per quel giorno il ricorrente era stato chiamato a rapporto dal suo Comandante, la licenza per il 18 luglio 2014 gli è stata negata.

Tuttavia la mattina del 18 luglio 2014 il ricorrente ha telefonato al suo Comandante di Plotone comunicandogli che non si sarebbe presentato per motivi privati e personali.

Nonostante l’espresso invito a presentarsi formulato dal Comandante di Compagnia, per il tramite del Comandante di Plotone, essendo stato chiamato a rapporto, il ricorrente ha confermato che non si sarebbe presentato.

Successivamente ha fatto pervenire un certificato medico che attestava un malore della coniuge con prescrizione di assistenza da parte del marito.

Ora, il complessivo dispiegarsi dei fatti come sopra esposti fanno emergere una certa preordinazione nel volersi assentare nonostante lo specifico obbligo di presentarsi a rapporto in una data programmata.

A margine di tale considerazione la presentazione di un certificato medico può giustificare l’assenza dal servizio soltanto quando attesti uno stato di malattia del militare e non quando lo stato di malattia riguardi un’altra persona, pur quando si tratti della coniuge.

Il comportamento tenuto si pone in violazione degli artt. 717, 740 e 742 del DPR n. 90/2010, indicati correttamente nel provvedimento impugnato, in relazione al quale non è ravvisabile alcun difetto di motivazione essendo indicati con precisione sia il fatto addebitato sia le disposizioni violate.

In conclusione quindi il ricorso deve essere rigettato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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