“NASIRIYAH” la rabbia del sopravvissuto: 16 anni di silenzi prima della sentenza!

Riccardo Saccotelli torna a parlare dopo la sentenza che ha sancito la condanna del Generale Stano per i fatti di Nasiriyah. Noi di NSM abbiamo voluto rivolgergli alcune domande al fine di comprendere il suo punto di vista sulla discussa sentenza della Corte di Cassazione nonché sulla delibera del Cocer Difesa, che, pochi giorni dopo la condanna del Generale , ha emesso un comunicato stampa durissimo nei confronti della sentenza stessa, titolando: Militari, responsabilità civile sempre a carico del singolo.

Per dover di cronaca, vogliamo ricordare che il maresciallo dei carabinieri Riccardo Saccotelli, all’epoca dei fatti era in servizio all’entrata della Maestrale e dopo l’ esplosione riportò ferite gravissime.

Riccardo, cosa pensi della recente condanna nei confronti di un alto comandante dell’ Esercito?



“Saccotelli”: permettetemi un piccolo preambolo: il comandante militare “senza risparmio di energie fisiche, morali ed intellettuali, affronta, se necessario, anche il rischio di sacrificare la vita. Questi, inoltre, deve curare le condizioni di vita e di benessere del personale; assicurare il rispetto delle norme di sicurezza e di prevenzione per salvaguardare l’integrità fisica dei propri dipendenti. Non trovo alcuna lacuna giuridica nella sentenza, anzi, la ritengo congrua. L’ho letta ed i giudici hanno fatto un ottimo lavoro.

Vorrei ricordare che “Il militare ha il dovere di agire di iniziativa, nell’ambito delle facoltà discrezionali e decisionali a lui conferite con l’assegnazione di un compito o la emanazione di un ordine, al fine di conseguire il risultato migliore, ed ha il dovere di assumere l’iniziativa in assenza di ordini o sia nell’impossibilità di chiederne o di riceverne o quando non possa eseguire, per determinati e certificati motivi, quelli ricevuti, o quando siano chiaramente mutate le circostanze che avevano determinato l’emanazione degli ordini precedenti.

Riccardo, a cosa ti riferisci in particolare?

“Saccotelli” Mi riferisco in maniera particolare al mancato innalzamento della soglia di allarme nelle ore precedenti alla strrage, malgrado fossero arrivate segnalazioni dai servizi segreti su un probabile attentato .

Riccardo, il Cocer Difesa ha emesso un comunicato stampa nel quale si chiede che la responsabilità civile non sia a carico del singolo militare. Cosa ne pensi?



“Saccotelli” Cosa penso? Penso che non è bastato il lodo salva vertici che con ogni mezzo ha tentato di salvare i militari responsabili della strage di Nasiriyah. Ora ci si mette anche il cocer con una ‘delibera’ che mi ha lasciato a dir poco sbigottito.
I cocer difesa non hanno mai fatto nulla per i diritti e la dignità delle vittime della strage. Malgrado 19 morti e 19 feriti, su di noi il cocer non ha mai detto nulla! Dopo 16 anni improvvisamente si è riunito per condannare in qualche modo una sentenza , proponendo addirittura al neo eletto Ministro della Difesa l’esonero di una responsabilità civile che di fatto renderebbe immuni i militari da condanne per il mancato assolvimento dei propri doveri.

Questi delegati – sostiene Saccotelli – probabilmente non hanno letto una virgola degli atti giudiziari e delle sentenze. A loro vorrei ricordare che la suprema corte di cassazione penale, nel caso di specie, ha ritenuto, senza ombra di dubbio, che l’alto ufficiale non rientra nella “causa oggettiva di esclusione della configurabilità di un reato” e quindi lo ha ritenuto perseguibile dal punto di vista giudiziario.

Dello stesso parere è stata la Suprema Corte di Cassazione Civile che ” individua come responsabile per “colpa grave” l’alto ufficiale e lo condanna al pagamento dei risarcimenti. Mentre tutto questo accadeva nelle aule dei tribunali di Roma durante questi 16 anni – si chiede Saccotelli – dove erano i cocer?”

Riccardo, cosa ne pensi della sindacalizzazione delle Forze Armate?

“Saccotelli” Su questa domanda vorrei soffermarmi in maniera particolare. Vorrei ricordare che nel lontano 1978, il Presidente Pertini auspicava una nuova legge sulla disciplina che stabilisse principi profondamente innovativi, con la finalità di promuovere l’intelligente e responsabile partecipazione del cittadino in armi alla vita militare, formando collaboratori attivi e non meri esecutori di ordini”.

Purtroppo la 382/78 non si rivelò particolarmente appropriata. Concesse cose inimmaginabili ai militari di allora, ma non fu più adeguata ed oggi ne stiamo pagando le conseguenze.
Detto questo, nella consapevolezza che da allora sono trascorsi 41 anni, le forze armate al loro interno hanno ancora insormontabili problemi di democraticità legati alla confusione tra dipendenza gerarchico-funzionale e aberrazione del potere . Pertini sapeva bene quali fossero i danni procurati dai meri esecutori di ordini e lo ha pagato con la propria prigionia e questo era il motivo della sua insistenza.

Oggi dobbiamo comprendere bene cosa si vuole intendere per sindacato militare: se con questo termine si vuole dare vita a delle formazioni inutili, spesso inerti di fronte al potere assoluto della gerarchia degli ufficiali generali , beh credo che si stia perdendo solo tempo.
Se invece con le organizzazioni sindacali venisse riconosciuta la necessaria dignità democratica auspicata per tutti i militari da Pertini nel 1978 e ribadita dalla Corte Costituzionale lo scorso anno, beh allora le cose cambierebbero notevolmente.

Riccardo, se all’epoca ci fossero stati i sindacati, secondo te sarebbe stato diverso?

“Saccotelli” In Iraq eravamo in pieno deserto. Qualora vi fosse stato un sindacato operativo, questo non avrebbe mai permesso che all’ingresso fossero poste protezioni piene di ghiaia di 2-3 cm anziché che di sabbia. Quanti danni in meno ci sarebbero stati? Quanti morti in meno? Forse oggi la madre patria non piangerebbe tutte quelle vittime. Vogliamo parlare della riservetta munizioni collegata alla palazzina? Un sindacato serio, secondo voi, avrebbe mai permesso la violazione delle norme di sicurezza, fondando la propria difesa sul fatto che in Iraq noi eravamo stati inviati soltanto per svolgere una missione di soccorso umanitario?

Credo nei sindacati che non hanno paura, che denunciano nei modi dovuti e nelle sedi opportune le continue violazioni alle norme di tutela e incolumità del personale militare. Credo in chi rischia il posto di lavoro per difendere i propri colleghi .

Bene Riccardo, siamo giunti a conclusione di questa interessante intervista. Nel ringraziarti, vorremmo un tuo ultimo pensiero su tutta la vicenda.


“Saccotelli” Beh, credo che quello che ho sin qui dichiarato debba far riflettere un pò tutti. Spero tanto che il parlamento faccia una buona legge sulla sindacalizzazione. Di certo – sostiene il carabiniere – tutto questo non sarebbe stato necessario se tutti i comandanti nel corso della storia avessero tutelato i propri uomini. Moltissimi di loro operano con eccellenza, ma altri molto meno. Tutelare questi ultimi coinvolgerebbe inevitabilmente i primi.

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