L’Aeronautica è stata la mia vita

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Su gentile concessione della direzione de il bene comune.it pubblichiamo la storia di Pasqualino Di Marzio, Aviere decorato dell’Aeronautica Militare .

di Francesco Montano

Siamo con Pasqualino Di Marzio che ci racconterà in breve la storia del suo vissuto. È nato a Monacilioni (CB) il primo gennaio 1923, è partito militare nel 1941. Aviere decorato. Ascoltiamo la sua storia.

Io sono partito volontario nel marzo del 1941, dopo la visita medica a Benevento siamo partiti per Milano, per la scuola specialisti, ho frequentato la scuola specialisti per otto mesi. Poi sono andato a Napoli, all’aeroporto di Capodichino per un altro corso; dopo questi due corsi mi hanno mandato a Viterbo per l’addestramento come specialista, dopo di questo sono passato al 31esimo Stormo da caccia a Napoli Capodichino.

Ero nel reparto TLC (La telecomunicazione, abbreviazione TLC, è l’attività di trasmissione a lunga distanza di segnali, parole e immagini tra due o più soggetti mediante dispositivi elettronici attraverso un canale fisico di comunicazione. Le vaste applicazioni tecnologiche delle telecomunicazioni sono riconducibili a due gruppi: a) tecnologie dell’informazione; b) tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La loro ampia diffusione nell’attuale società ha dato vita – attraverso mezzi di comunicazione di massa come telefono, radio e televisione – all’attuale società dell’informazione; inoltre le telecomunicazioni sono uno dei settori trainanti della cosiddetta terza rivoluzione industriale.

Le infrastrutture di telecomunicazioni sono diventate dunque una risorsa talmente strategica, e allo stesso tempo critica, all’interno di ciascuno Stato al punto da permetterne lo sviluppo socio-economico nonché la rispettiva forza economico-politica a livello internazionale fino a richiedere il ricorso a forme specifiche di protezione o sicurezza.Ndr), addetti alla manutenzione e all’assistenza agli aerei cioè ogni gruppo aveva un reparto TLC dove c’era tutto il personale addetto alla manutenzione degli aerei che servivano per la difesa di Napoli, lì abbiamo subito tutti i bombardamenti.

A Capodichino abbiamo subito il primo bombardamento dai quadrimotori, fortezze volanti (venivano chiamate), bombardavano sempre il porto, l’aeroporto mai, solo che una volta arrivò l’allarme, arrivarono i quadrimotori, gli aerei erano già partiti perché erano in preallarme, noi siamo rimasti in mezzo al campo, eravamo io e due motoristi, hanno cominciato a bombardare, le bombe andavano in terra e poi si separavano. Noi siamo rimasti per terra e siamo stati fortunati, ci siamo salvati dal primo bombardamento dell’aeroporto, mentre un collega mio del mio reparto TLC ha avuto una scheggia all’occhio ed è morto, io e questi due fratelli ci siamo salvati per miracolo.

Poi sono stato trasferito a Roma, ero lì l’8 settembre e sono scappato dai tedeschi. Con dispiacere ho appreso la notizia, abbiamo sentito tutti parlare per radio; sono scappato fino a Carpinone (IS) in treno, arrivati lì siamo scesi, nel frattempo è passato un treno merci con tutti i prigionieri che venivano portati in Germania, abbiamo capito che tutti i prigionieri li trasportavano in Germania e siamo scappati.

Fino a Campobasso siamo andati a piedi, dopo di questo io sono arrivato qua a Monacilioni (l’intervista è stata fatta domenica 25 marzo 2018 nella casa di riposo di Monacilioni dove il signor Di Marzio è ospite. Ndr) e c’erano ancora i tedeschi, c’era il blocco dei tedeschi alla stazione di Campolieto non so come sono passato, abbiamo pensato: questi va a finire che ci prendono e ci portano via.

Io e mio cugino, che era della Marina e io dell’Aeronautica, siamo andati via da Monacilioni; mio cugino aveva un lasciapassare degli inglesi così abbiamo attraversato le linee. Mi sono ripresentato a Brindisi, abbiamo attraversato le linee (Roma fu liberata nel ’44. Ndr) e da lì siamo andati a Bari all’unità aerea. Questa è la prima fase della guerra.

Allora ci mancava tutto, la fame si sprecava, non c’era da mangiare niente a Bari. L’unità aerea è servita per riorganizzare le forze armate, si collaborava con gli americani. A Bari ci davano i soldi dell’occupazione le Am-Lire (ovvero Allied Military Currency è stata la valuta che l’AMGOT mise in circolazione in Italia dopo lo sbarco in Sicilia avvenuto nella notte tra il 9 e 10 luglio del 1943. Il valore era di 100 “am-lire” per un dollaro degli Stati Uniti. Totalmente intercambiabile con la normale lira italiana per decisione militare, contribuì alla pesante inflazione che colpì l’Italia verso la fine della Seconda guerra mondiale. Ndr); i soldi che ci davano non ci bastavano neanche per andare al cinema! Sono uscite fuori produzione nel ’50.

Una volta a Bari andai a trovare un amico in ospedale e gli chiesi se gli serviva qualcosa, lui mi disse che voleva un pezzo di pane, allora eravamo collaboratori degli americani è l’unità aerea serviva proprio per collaborare e ci passavano uno sfilatino al giorno; nella mensa lavoravano due avieri di Montagano (CB) gli dissi che dovevano procurarmi un panino e così ho portato un pezzo di pane al mio amico in ospedale. Durante la guerra ci sono giorni buoni e giorni cattivi giorni che non si mangiava nemmeno, dopo l’otto settembre è stata dura, durissima non avevamo da mangiare alcune giornate.

Facevo servizio notte e giorno le ore si sprecavano alla stazione radio, lì, tutta la giornata per l’assistenza; eravamo in due persone per la manutenzione e il funzionamento della stazione. Io ho fatto servizio sempre nella stazione radio, serviva per comunicare e per l’assistenza ai marconisti una notte si e una notte no perché qualcuno doveva badare al funzionamento della stazione radio. Sono passato poi allo stormo Baltimora, stavo a Campomarino (CB), sempre con la stazione radio. L’aeroporto a Campomarino stava sulla spiaggia infatti lì hanno bombardato assai, la stazione radio lì serviva per l’assistenza degli apparecchi che andavano Jugoslavia.

Da lì siamo stati trasferiti a Roma all’aeroporto dell’Urbe in via Salaria, io sempre col centro radio perché appartenevo alle telecomunicazioni e da lì è finita per me la guerra. Dopo l’aeroporto dell’Urbe sono ritornato a Bari un’altra volta sono andato a finire all’unità aerea, sono stato lì fino al ’47; da lì poi sono andato a finire al cinquantunesimo stormo vicino Vicenza, da Vicenza, sempre telecomunicazioni non è che sono andato a sparare, sono stato mandato a Treviso, da lì nel ’49 sono stato trasferito a Roma all’aeroporto di Ciampino però non sono rimasto a Ciampino sono andato a finire ad Anzio (RM).

Ad Anzio c’era una stazione radio di avvicinamento, era un radiofaro io facevo pure i bollettini metereologici, questa stazione radio che adesso sta al Circeo l’ho impiantata io ad Anzio serviva per l’avvicinamento degli apparecchi, dava un segnale di trasmissione quando l’aereo passa sentivi il nominativo. Oltre ai militari serviva anche agli aerei civili, Anzio dista da Roma circa 60 km.

All’epoca ero sergente, sono stato due anni circa e poi sono ritornato a Roma, facevamo sempre i bollettini e stavamo attenti al segnale per l’avvicinamento degli apparecchi, quando gli apparecchi arrivavano sapevano che stavano a Roma; adesso si usa ancora la stazione al Circeo. Un giorno venne un capitano e mi disse che come capo centro lì sarebbe venuto un maresciallo, allora io ho chiesto il trasferimento a Roma all’aeroporto di Centocelle sempre in un centro radio e nel settembre del ’52 mi trasferii per alcuni anni.

Dopo sono stato allo Stato Maggiore, dietro l’università Sapienza circa quindici anni, non mi sono mosso più sono stato lì fino alla fine. Ho fatto il corso per passare sergente a Novi Ligure (AL) e uno a Chiavari (GE) per passare maresciallo. Io l’aeronautica non la posso dimenticare per me è stata tutta la vita, la seconda famiglia; quando vedo un aereo mi ricordo sempre, mi ha dato gioie e dolori però più gioia che dolore, quello che sono diventato lo devo a lei.

Ho avuto pure qualche encomio, una volta sola sono stato punito; la carriera è stata lunga, mi sono pensionato come maresciallo scelto che sarebbe quasi un aiutante di battaglia. I politici ci hanno trattato male perché non ci hanno riconosciuto niente, io ho tre Croci di Guerra e sono pure stato fatto Cavaliere, l’onoreficenza è firmata da Andreotti. Sono stato a Roma 65 anni; quando si andava a via dell’Impero il 2 giugno che si fa la manifestazione per la festa della Repubblica (La Festa della Repubblica Italiana è una giornata celebrativa nazionale italiana istituita per ricordare la nascita della Repubblica Italiana.

Si festeggia ogni anno il 2 giugno, data del referendum istituzionale del 1946, con la celebrazione principale che avviene a Roma. La Festa della Repubblica Italiana è uno dei simboli patri italiani. Il cerimoniale della manifestazione organizzata a Roma comprende la deposizione di una corona d’alloro in omaggio al Milite Ignoto all’Altare della Patria da parte del Presidente della Repubblica Italiana e una parata militare lungo via dei Fori Imperiali. Ndr) trovavo colleghi e amici e mi dicevano: «Cavaliere a te la gloria e a noi quattrini».



Difatti così è successo, i miei colleghi senza aver fatto la guerra prendono molto più di me, io come pensionato prendo meno di quelli che non hanno fatto niente; noi che abbiamo perso la guerra non eravamo considerati fino al grado di sergente maggiore, lo stato non ci pagava i contributi, poi hanno fatto una legge che faceva risultare tutti i gradi di servizio dal giorno di arruolamento fino a quando ci hanno fatto sergente maggiore. Chi ha fatto la legge erano i politici; poi ci hanno dato la possibilità di riscattare gli anni che non ci consideravano.

Quando sono andato in pensione ancora non finivo di pagare (per riscattare gli anni), sulla liquidazione si sono trattenuti i soldi. Mi dispiace per questo, io ho fatto la guerra; quelli che non l’hanno fatta prendono molti soldi e noi no, sono molto contento per loro però sono seccato per noi. Abbiamo fatto un ricorso durato dieci anni alla La Corte dei Conti, il presidente della Corte disse che avevano ascoltato attentamente il nostro legale e ci avrebbero fatto sapere il giudizio dopo quattro mesi, a quel punto si alza un maresciallo molto più anziano di me e dice: «Signor giudice speriamo che fra quattro mesi sono ancora vivo», (aveva più di 90 anni) dopo quattro mesi arriva la lettera che diceva che il giudizio è stato respinto e dovevamo ringraziare che non abbiamo pagato le spese legali.

D’altronde è stato un problema politico e la politica ci ha trattato male, ci sono rimasto un po’ male nel vedere un collega mio che prende più soldi perché io ho fatto la guerra con tanti sacrifici ma sacrifici grossi.




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