Difesa: Richiesta provvedimento legislativo di Riordino del Personale Civile

COMUNICATO STAMPA
“COMITATO PER LA SPECIFICITÀ DEL PERSONALE CIVILE DELLA DIFESA”

Difesa: Richiesta provvedimento legislativo di Riordino del Personale Civile

“I DIPENDENTI SONO STANCHI DELLE CHIACCHIERE”
Roma 21/05/2019 – Con diversi comunicati, interviste mezzo stampa e lettere, lo scrivente Comitato ha più volte segnalato al Ministro della Difesa le rilevanti criticità giuridiche ed economiche relative al personale Civile del Dicastero Difesa, da altri ipocritamente affrontate, chiedendo il ritorno in “regime pubblico” di tale personale.

Questa, infatti, è l’unica soluzione strutturale e sistemica che possa risolvere, una volta per tutte, tali criticità, in quanto l’inquadramento del lavoro nel CCNL Comparto Funzioni Centrali non appare, allo stato attuale, corretto. Si palesa, ormai, un urgente e improcrastinabile riordino delle carriere del personale civile, al fine di armonizzarlo con quello delle Forze Armate e in modo da attenuare significativamente le forti e non più tollerabili diseguaglianze fra civili e militari operanti nello stesso Dicastero, a parità di funzioni.



Abbiamo avuto modo di leggere i Comunicati stampa con i quali i sindacati CGIL, CISL, UIL e UNSA hanno indetto lo stato di agitazione del personale civile della difesa, rivolgendo, tra l’altro, pesanti accuse al Ministro Trenta e ci siamo chiesti il reale motivo di tale attacco. Forse, ai sindacati non è piaciuto il fatto che il Ministro abbia la buona e democratica abitudine di ascoltare TUTTI, non piegandosi alla sola volontà dei sindacati maggioritari?

È abbastanza imbarazzante leggere un Comunicato stampa delle sopracitate sigle in cui si parla di “ignoto Comitato”: non crediamo sia possibile definire “ignoto” un Comitato che ha trasmesso al Ministro della Difesa, e per conoscenza alle Organizzazioni Sindacali della difesa (tra cui le stesse che lo definiscono ignoto), ben 4.227 firme di richiesta dei dipendenti. Sarebbe utile ricordare che le deleghe sindacali di ciascuna di queste sigle è abbondantemente al di sotto di tale numero.

La costituzione di un Comitato, scevro da influenze politiche e logiche di partito, è nata proprio dall’esigenza di dotare il personale civile di un adeguato strumento di raccolta delle istanze dallo stesso presentate in merito al suddetto scopo e di proporsi, in qualità di portatore di interessi collettivi, quale interlocutore con l’autorità politica. Il riferimento a situazioni definite sovra individuali (espressione che correntemente, quantomeno nel diritto amministrativo, abbraccia sia gli interessi diffusi che quelli collettivi), costituisce il più chiaro ed evidente segnale della comunanza di un interesse percepito come pressante e non più procrastinabile da più soggetti, uniti proprio al fine di rendere tale interesse tutelabile.



Tale iniziativa, inoltre, rientra in un più vasto disegno, in quanto le pratiche partecipative sono ormai raccomandate da molte organizzazioni internazionali e sono state promosse da programmi europei, facendo capolino anche nella legislazione italiana.

È strano, poi, ritrovare il termine “casta” in un comunicato delle OO.SS. maggiormente rappresentative; a chi è rivolto tale appellativo? Allo scrivente Comitato? Altro che casta, invero sono proprio i suddetti sindacati che hanno consentito, con il loro silenzio, all’attuale persistenza di circa 1800 dipendenti ingabbiati nella 1^ Area funzionale in completa discriminazione, di diversi dipendenti laureati in 2^ Area, di dipendenti con Alta professionalità in 3^ Area, al transito del personale non idoneo al servizio militare in 3^ Area funzionale, in assenza di adeguato titolo di studio o ruolo ricoperto e in pieno contrasto con quanto normativamente previsto per l’accesso dall’esterno.

Dove erano i sindacati anche quando sono stati differenziati i trattamenti di vari istituti come, ad esempio, quello della missione? Dove sono quando si parla di meritocrazia?
Ci rivolgiamo al Presidente del Consiglio Conte, ai Vicepresidenti Di Maio e Salvini, ai Ministri Trenta e Bongiorno, chiedendo un loro autorevole intervento, affinché, attraverso il transito in regime di diritto pubblico e l’uscita dal CCNL Comparto Funzioni Centrali, si possa risolvere, senza ulteriori perdite di tempo, una problematica che vede coinvolti tutti i circa 26.000 civili della difesa, dei quali solo circa 1/3 è iscritto a sigle sindacali.

Il nostro Comitato opera nell’esclusivo interesse dei dipendenti civili, cercando di trovare soluzioni concrete e perseguibili, senza fare proclami e con il solo scopo di poter lavorare in un’Amministrazione dove la professionalità, la meritocrazia, l’uguaglianza economica e giuridico-amministrativa, a parità di funzioni, tra civili e militari, possano finalmente trovare applicazione.

 





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