Penale Sent. Sez. 1 Num. 25353 Anno 2019

Carabinieri: accusati e processati, malmenati e poco tutelati

I fatti  occorsi negli ultimi tempi devono indurci a riflettere sui mille paletti imposti alle forze dell’ordine durante l’adempimento del proprio dovere. E’ di ieri la notizia di due militari , uno condannato per aver scelto il rito abbreviato e l’altro rinviato a giudizio, dopo che  un cittadino di origini tunisine di 34 anni li aveva accusati di averlo percosso col manganello durante l’arresto.

Entrambi i carabinieri prestano servizio a di Monza. Uno, il militare che aveva scelto il rito abbreviato, è stato condannato, l’altro, che invece aveva deciso di essere giudicato con rito ordinario, lunedì scorso è stato rinviato a giudizio.


Entrambi sostengono la loro innocenza, cosi come la moglie di uno di loro che non comprende come possa essere stata emessa una condanna del genere. Dello stesso parere il legale dei militari:

«Non ci capacitiamo del fatto che possa stare in piedi una tale accusa . In primo luogo perché lo stesso medico del carcere  ha smentito la versione secondo la quale l’arrestato sarebbe stato ricoverato per dieci giorni nell’infermeria del carcere. In secondo luogo perché, sempre il medico, ha sottolineato come le lesioni che la presunta vittima riportava non fossero riconducibili a colpi di manganello, ma bensì fossero invece compatibili con lo stile di vita di una persona senza fissa dimora, che dorme in giacigli di fortuna.

E’ andata meglio a livello giuridico al militare che, dopo aver preso un pugno in faccia,  se l’è cavata con una mascella rotta. Quantomeno lui non sarà processato. I fatti sono avvenuti a Poggio Rusco (MN) lo scorso 10 settembre, quando il carabiniere insieme ai colleghi del NORM aveva avvicinato tre marocchini per un controllo.


Gli extracomunitari alla vista dei militari erano fuggiti a gambe levate e proprio durante l’inseguimento, un 25enne marocchino , risultato poi clandestino, aveva sferrato un pugno al volto del carabiniere procurandogli  la frattura scomposta della mascella e causandone lo svenimento. Per ora la prognosi è di 25 giorni.

In ultimo, merita menzione anche il caso del carabiniere congedato per aver esploso un colpo con la propria arma d’ordinanza,  per evitare di essere investito. Il maresciallo, non ancora in SPE ( servizio permanente effettivo), nel pomeriggio del 16 marzo 2018 sparò in direzione dell’auto che stava per investirlo.

Il proiettile sfortunatamente colpì due donne che stavano percorrendo quel tratto di strada in scooter ( mamma e figlia). La prima fu colpita ad una spalla, la seconda ad un braccio. Entrambe furono ricoverate, ma non furono mai in pericolo di vita. Il giudice penale militare dispose l’archiviazione dell’ipotesi di reato , ritenendo legittimo l’uso delle armi in quel caso specifico, mentre le due vittime ritirarono addirittura la querela , ma il maresciallo Raffaele Russo venne ugualmente punito con cinque giorni di rigore, una montagna insormontabile per chi è ancora in ferma volonta. Il portale Adnkronos lo scorso 7 settembre ha reso noto il suo congedo dall’ Arma dei  carabinieri.

Oggi per un militare dell’Arma è davvero difficile svolgere il servizio con la giusta serenità. Inoltre una dovuta riflessione va posta anche sul fenomeno suicidario che sta interessando il comparto sicurezza e difesa. Il 2019 sta segnando il record storico , ed il triste primato appartiene proprio ai carabinieri con 13 vittime, seguiti subito dopo dalla Polizia di Stato e da quella Penitenziaria. Dal 1 gennaio 2019 ad oggi si sono registrati ben 41 suicidi tra Forze Armate e Forze dell’Ordine. Forse è il caso che questo aberrante fenomeno venga preso in seria considerazione dal Governo.





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